Primo step: perplessità. Un film sui Lego, i mattoncini da (s)comporre in infiniti modi, prima di semplice legno poi sempre più elaborati, che diventano un lungometraggio cartoon: pareva un’idea un po’ bislacca. È pur vero che la Lego ha da tempo trasportato su video il suo prodotto, realizzando svariati videogame molti dei quali improntati sulla dinamica citazionista (da Harry Potter a Star Wars); ma il progetto suonava tanto come un raschiare il fondo del barile di un’originalità ormai latitante (non solo nel genere dell’animazione).

Secondo step: interesse. Phil Lord e Christopher Miller, i registi, hanno infatti diretto quell’impagabile gioiello schizofrenico di Piovono Polpette: un’accoppiata vincente proprio come quella dei fratelli Dan e Kevin Hageman, sceneggiatori, che scrissero Hotel Transylvania, simpatico divertissement il quale portava a un punto di non ritorno la frenetica stilizzazione delle figurine animate, in un moto schizzato non stop.

Terzo step: folgorazione. Ovvero, la presa visione di The Lego Movie. L’assunto di partenza è semplice, poco più di un pretesto: il protagonista, mattoncino qualunque sempre sorridente e un po’ tonto, è il prescelto per salvare il mondo dalle grinfie del supercattivo Lord Business, che obnubila la comunità tramite la ripetizione di programmi tv, canzonette e il monito ad essere felici sempre & comunque. Business è affiancato dal doppio braccio destro “poliziotto cattivo/poliduro” che di tanto in tanto volta la faccia come il sindaco di Nightmare Before Christmas diventando poliziotto “buono/politenero”, geniale sincresi di uno dei più frequenti topoi di cinema, tv, romanzi. Ed è solo un esempio, una goccia nel mare della creatività senza limiti né soprattutto regole del film: abbecedario sfrenatissimo di tutta la cultura pop dagli anni 80 in su. Centrifuga l’immaginario cinematografico, fumettistico, mitologico, e perfino storico – c’è pure una comparsata di Abramo Lincoln! – con un frullato irresistibile in cui spicca il bromance supereroico tra Superman e lo sfigatello (anche al cinema) Lanterna Verde.

Un’avventura postmoderna ma che si fonda prima di tutto sugli archetipi del viaggio dell’eroe: con la profezia, il risveglio, la presa di coscienza, la caduta e la rinascita, e ovviamente il maestro e guida, che fa un po’ il verso ai vari Gandalf e Silente (che ovviamente non mancano, in una comparsata nella quale l’uno viene confuso con l’altro: più vicino a noi di così!..), nonché la misteriosa compagna di viaggio fidanzata con un Batman irresistibilmente antipatico e primadonna.

Al centro della trama ci potrebbe essere chiunque, e difatti è così: Emmet, l’ordinary man per eccellenza, anti-protagonista e antieroe che scopre nel nonsense il punto di forza e la salvezza. Lord e Miller però non si fermano qui e volano pindaricamente oltre lo “strappo nel cielo di carta” nell’invito a non lasciarsi sottomettere dall’abitudine, dagli stereotipi, dall’appiattimento delle convenzioni.

Vero che i registi non raggiungono le vette di comicità senza ritorno di Piovono Polpette, e inoltre qui la morale classica è un po’ spiattellata: addirittura ce la fanno contemporaneamente in due (giocattolo e bambino: quanto ci manca Toy Story), nel finale si esonda nell’esposizione quasi didattica. Ma sono peccati oltre il veniale, con l’ora e mezza di assoluta lisergia visiva e verbale (peraltro completamente realizzata in Lego, dal fuoco al mare alle nuvole, in una CGI che dà l’impressione della stop motion), nell’onda fulmicotomica cui ci siamo immersi. Il cinema come eterno ritorno all’età dell’oro della fantasia pura, in cui la realtà si dissolve nel movimento (per noi più che mai vivo) di un piccolo mattoncino colorato.



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5 Comments

  1. vette di comicità senza ritorno di Piovono Polpette?! o_O

    1. Concordo, anche a me non aveva divertito molto, ma la comicità è molto soggettiva.

      1. Il due invece ha un sacco di citazioni e sottotesti

  2. Ma sono l’unico ad aver visto nell’arrivo dell’ufficio/astronave (a forma di parallelepipedo) sulla città una citazione della Guida Galattica per Autostoppisti, con le astronavi cubiche dei Vogon? Comunque bellissima recensione…

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